Ispirato dal romanzo “Posizione di Tiro”di Jean-Patrick Manchette, edito in Italia da Giulio Einaudi Editore, da cui riprende a grandi linee il soggetto, The Gunman, segna il ritorno dietro la macchina da presa per il regista e direttore della fotografia Pierre Morel, a distanza di ben cinque anni dal più che sufficiente “From Paris With Love”(2010). Autore di due tra le pellicole d’azione più spettacolari degli ultimi 10 anni, “Banlieue 13” (2004) e “Io vi troverò” (2008), il regista transalpino colto da un attacco viscerale di autorialità ha scelto di cimentarsi in un thriller che almeno nelle intenzioni doveva essere più intimista e votato al dialogo dei suoi precedenti lavori.
Purtroppo non sempre le ciambelle riescono con il buco e nonostante la presenza di un cast stellare, capitanato da due tra gli attori più apprezzati del pianeta, il progetto di Morel è naufragato proprio al cospetto di quelle novità strutturali che non hanno mai fatto parte della sua cinematografia. Dialoghi ed espedienti narrativi sono al limite della forzatura e del ridicolo (“Ho fatto delle cose brutte”), la narrazione è farraginosa e nonostante le molte sparatorie e risse il film risulta piatto come un encefalogramma.
L’opera non viene risollevata oltre la sufficienza neanche grazie alle prove del prestigioso cast coinvolto che sebbene all’altezza, risulta spesso poco convincente a causa delle scelte scellerate in fase di scrittura. Ridicolo lo stacchetto alla Baywatch nelle acque del Congo di Sean Penn.
Un vero peccato perché il talento di Pierre Morel nel costruire una scena d’azione è sempre ben visibile in ogni scena in cui non gioca a fare il Michel Mann oltre le Alpi. Un ruolo che non gli compete e che spinge la pellicola sotto la soglia della sufficienza oltre i limiti di una sceneggiatura veramente banale.
Come sprecare del talento con le ambizioni. Alla fine del film soffrirete di emicrania più del protagonista.