Jafar Panahi , regista di ”This is not a film” e ”Il palloncino bianco”, vincitore dell’Orso D’Oro al festival di Berlino ci regala un’opera parzialmente innovativa e semi realistica. Parzialmente perchè anni fa , proprio nel nostro paese, un altro grande uomo di cinema aveva utilizzato il taxi per raccontare un paese : Alberto Sordi. Il taxi de Il Tassinaro del nostro Alberto Sordi fu utilizzato in chiave ironica per accentuare il registro da commedia del film; in Taxi Theran Jafar Panahi fa lui stesso da conducente conferendo alla pellicola il realismo di un documentario.
Così Panahi, anziché mettersi dietro la macchina da presa, decide di imbracciare il volante, piazzando nell’autovettura alcune telecamere in ripresa continua; la principale sul cruscotto, mobile, in modo da poterla rivolgere all’occasione, verso la strada. Con un tono lieve e scanzonato Panahi guida il suo taxi per le strade di Teheran: non conosce bene le strade e rifiuta il pagamento delle corse, ma grazie al suo volto rassicurante e la paziente disponibilità a qualsiasi inconveniente, riesce a mettere a proprio agio i passeggeri.
I passeggeri che salgono sul taxi esprimono posizioni differenti nei confronti della società in cui vivono permettendoci, attraversando le vie di in una città così tanto lontana geograficamente e con una cultura a noi sconosciuta, di conoscere senza stereotipi, pregiudizi e luoghi comuni la vera essenza di Theran.
La macchina da presa diventa la testimonianza di un cinema che nonostante le estreme difficoltà non smette di raccontare la realtà e di trasmetterla senza sottostare alle regole. L’atteggiamento ironico e disincantato del piccolo campione di persone che sale sul taxi di Panahi è la cartina al tornasole di una malcelata sopportazione da parte della gente delle imposizioni del regime e la dimostrazione che le derive della Rivoluzione Islamica non hanno attecchito nell’animo della maggioranza della popolazione.
