Thomas (Marco Giallini) ha le espressioni accigliate dei vecchi eroi polverosi e solitari, raffreddati. E’ un uomo indurito da una vita appesa ad una fune e legata indissolubilmente alle rocce. Il moschettone, unica arma ed unico effetto personale.
Stefano Chiantini sembra far scaturire il progetto di questo lavoro richiamandolo da un luogo mentale recondito che conosce molto bene. Dichiara, parlando di Storie Sospese:
“La montagna ha sempre accompagnato la mia vita. L’esigenza di questa storia è nata da un bisogno personale, un bisogno che si insinua dentro di te quando un gesto, un’emozione o una situazione ti colpiscono senza che tu te ne sia neanche reso conto […] quando non è più possibile contenere qualcosa del genere, quelle sensazioni ti salgono dallo stomaco e vengono fuori sotto forma di storia.”
Chiantini, nato ad Avezzano e cresciuto tra le montagne della Marsica, quelle terre e quelle storie le conosce bene. Non c’è un solo momento, durante tutto il film, in cui non si avverte quell’intimo rapporto con i luoghi e le persone che lo spettatore incontra e spia, anche per poco.
Sequenze a tratti poetiche, piloni giganteschi e nebbia evocatrice sono una presenza mastodontica costante, tuttavia il vero protagonista è il rapporto di amicizia e di “mutuo soccorso” tra Thomas (Marco Giallini) e Giovanna (Maya Sansa). I due rappresentano versanti opposti della storia che interessa un paesino abruzzese dal nome fittizio, le cui vicende (vere) sono rubate ai fatti vissuti dagli abitanti di Ripoli.
Sceneggiatura “ossuta” a parte, il film è bello, romantico, ben fatto, autentico e reale come pochi prodotti concepiti in Patria.Buona scelta, finalmente, da parte del Ministero dei beni e delle attività Culturali e del Turismo. Il timore riguarda sempre il tassello finale a completamento del puzzle: La Distribuzione.
Noi incrociamo le dita e siamo “generosi” in quanto a votazione finale.