Nato dall’incontro tra Julie Bertuccelli e Brigitte Cervoni durante un festival cinematografico dedicato ai film ambientati nelle scuole e del quale la regista era giurata, Squola di Babele racconta in modo semplice, avvolgente ed efficace il mondo di 24 adolescenti di nazionalità, etnia, lingua, religione diverse che provano ad integrasi in Francia attraverso l’apprendimento della lingua, appunto il francese, che diviene per ognuno di loro la possibilità di cambiamento e di crescita.
Il film è girato interamente a scuola o meglio in aula che diviene una sorta di microcosmo, un luogo protetto dove le differenze, le difficoltà ma anche le gioie, le esperienze di vita vengono condivise; unici momenti “esterni” alla collettività della classe sono i colloqui con i genitori che permettono di comprendere in modo più approfondito il vissuto di questi ragazzi e anche le motivazioni che li hanno portati lontano da casa: c’è chi è venuto per cercare asilo politico, chi per riunirsi alla famiglia, chi per studiare sperando in un futuro migliore o chi è figlio di un funzionario statale.
Diversi sono gli aspetti che colpiscono nel lavoro di Julie Bertuccelli: da un lato ci fa comprendere che le differenze sono utili e un arricchimento: con l’aiuto della professoressa Brigitte Cervoni, studiano insieme, condividono dubbi e differenze, si pongono domande esistenziali: “Dio ha la pelle chiara?”, “Perché ci sono lingue diverse?”, “Perché esistono le religioni?”; dall’altro un momento di meta-film: ai ragazzi viene offerta la possibilità di creare un loro film-documentario: qui, le loro forti emozioni e le loro storie, fatte di abbandoni, violenze, lontananze da casa, dal paese natio o dai genitori stessi, trovano il canale espressivo migliore e utile a valorizzarne le attitudini e a mescolarne le anime, le diversità, confermandone il valore aggiunto.
Sul finale di Squola di Babele, si rimane colpiti dai primi piani di questi ragazzi che piangono e ridono. Hanno una storia difficile alle spalle e la speranza che brilla negli occhi. Come gli altri compagni di classe, si commuovono quando sentono suonare l’ultima campanella dell’anno.
Una grande lezione di civiltà, di confronto, di dialogo e la speranza che un mondo in cui le differenze sono una ricchezza e coesistono è possibile.