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Sei vie per santiago di Lydia B. Smith - 02

Sei vie per santiago di Lydia B. Smith – Recensione Film

Atto d’ amore per se stessa e verso la settima arte, Lidya B. Smith porta al cinema un grazioso documentario che è talmente efficace che sembra una campagna pubblicitaria per chiunque voglia cimentarsi nell’impresa del camino. La verità fortunatamente è tutt’altra, le vere emozioni che ha da offrire questo racconto sono veramente tante, e siccome amo gli autori che rischiano, (qui i rischi c’erano e sono stati affrontati veramente con rispetto) il mio giudizio non può che essere positivo.

Il documentario può essere qualcosa che ha un idea di fondo, ma solo attraverso essa e a un montaggio ben saldo può trovare un respiro adeguato. Queste due caratteristiche sono presenti entrambi in Sei vie per santiago, ma la riuscita di tutto sta in una certa sensibilità che la regista ha avuto nell’affrontare le varie tematiche presenti. Purtroppo le storie inserite nell’opera hanno una tristezza di fondo, racconti che parlano di evasione da una civiltà alcune volte aggressiva nei confronti dei più fragili ma c’ è anche tanta speranza. Tutto viene raccontato attraverso proprio quei concetti su cui si dovrebbero fondare dei collettivi che tuttavia a quanto sembra si sono volatilizzati. Citando una graphic novel sarebbe proprio il caso di dire “Forza attraverso l’unità ed unità attraverso la fede”, perché chiaramente questo film è un omaggio alla figura del pellegrino, e che omaggio!

Come la stessa regista ha raccontato in conferenza stampa, il film ha avuto una produzione non facile, fortunatamente la tenacia e l’ amore per questo racconto, ha spronato la stessa a chiedere finanziamenti a chiunque, persino un signore di nome Dan Brown, che ha supportato economicamente molte spese, essendo stato compagno di classe della stessa regista.

Il film esce il 4 Giugno distribuito da Cineama.

About Alberto Lupocattivo

Appassionato di cinema e letteratura. Nerd all'ennesima potenza è sempre attento al repentino mutamento della cinematografia. Per lui non esiste un genere ma il cinema di genere.

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