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Second Chance di Susanne Bier – Recensione Film

Premessa: Quell’Oscar non lo abbiamo mai perdonato alla Bier.

Interpretiamo, forzatamente, la scelta di un protagonista come Nicolaj Coster-Waldau come un calo di carriera o come una “deriva televisiva”. E lo facciamo nell’epoca delle grandi Serie, dei loro attori pluripremiati e pluripagati. Nell’epoca in cui le stesse Star del Cinema affrontano gare all’ultimo sangue per interpretare quei personaggi ed in cui le “Piccole Star-ucole” presentano meravigliosamente la notte degli Academy Awards (E ballano. E cantano.)

Noi parliamo di “derive”.

Più realisticamente (leggendo qualche recensione qua e là) la critica cinematografica prova un’antipatia ben poco motivata per la Bier. Quasi “a pelle”. Se avrete la pazienza e la voglia di bypassare questo clima di astio soft, proveremo a scambiare due chiacchiere in merito alla sua ultima fatica.

In Second Chance i cieli drammatici e le acque della Danimarca sono messi in risalto da luci e filtri freddissimi,  le case sono di vetro. L’umidità incombe e la Bella Stagione sembra ridotta ad un ricordo. La musica non addolcisce, non avvolge, non scalda e sembra seguire il vento e la pioggia. Il clima, i filtri e l’ambientazione sono di fatto partecipi degli eventi che si susseguono.

Coster-Waldau è un cavaliere moderno alto due metri, dallo sguardo e dal sorriso enigmatici. Inutile dire quanto sia perfetto per questo ruolo; Thomsen è secondario ma non troppo, è il poliziotto-Spalla che si appoggia a sua volta alla spalla del collega dopo aver rovinato il suo matrimonio ed essersi tuffato nell’alcol; Maria Bonnevie dà un po’ l’idea di avere realmente turbe psichiche, tanto è inquietante nei primi piani. Tra l’altro urla didatticamente in modo ineccepibile, sapessero urlare così pure le nostre attrici non dovremmo sorbirci sempre quei soliti bisbigli spinti da scena tragica all’italiana e quella marea di attrici disfoniche (che fa tanto artista-profonda-indosso-solo-lupetti-neri). Bravi abbastanza, quel tanto da farci necessariamente schifo, la coppia di genitori schifosi, drogati, zozzi e matti da legare Nicolaj Lie Kaas e la supermodella supersciupata e maltrattata Lykke May Andersen.

Se non vi fa troppa impressione vedere il finto cadavere di un bambino di pochi mesi ricoperto di cacca (ecco, forse questo potevamo ampiamente risparmiarcelo, Susanne) nonché numerose scene di violenza domestica all’interno della gioiosa abitazione dei due schifo-genitori, non perdetelo.

Un protagonista quasi cavalleresco – tanto rappresenta la figura dell’uomo Giusto – che si ritrova a scegliere attivamente di compiere un’azione tremendamente sbagliata e, nonostante questo, avrà la vostra Comprensione.

La Bier vi terrà incollati allo schermo con il fiato sospeso e genererà un universo infinito di (sane) seghe mentali.

Durante la proiezione dell’anteprima romana vi posso assicurare che non si sentiva volare una mosca e che, una volta fuori, avevamo TUTTI gli occhi un po’ lucidi.

About Giovanna Trantino

Sicula & terrona doc, da piccola le piaceva disegnare, scrivere e cantare. Adesso canticchia, disegnicchia e scribacchia prima, durante e dopo la visione di Film e Serie Tv. Ogni tanto si aliena con pellicole dalle imponenti colonne sonore, libri di fantascienza e graphic novels. Siccome i soldi le fanno schifo, recentemente si é anche iscritta ad un corso d'Inglese per pippe. Sogna di indossare le vesti di una supereroina dei manga giapponesi e di rubare un vestito color cipria a Scarlett Johansson. Talvolta entra dentro i centri scommesse e si trasforma in una Logopedista. Scrive da pochissimo per Daruma, fondamentalmente perché le piace sindacare, polemizzare e chiacchierare di Cinema e dintorni.

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