Road 47 non è un film di effetti speciali, grandi azioni militari e spiegamento di uomini e mezzi. è invece un film di personaggi, che non comunicano con facilità, che non si conoscono, che si temono tra loro ma che, al tempo stesso, si aiuteranno l’un l’altro. E’ una storia dedicata a questi due grandi Paesi, per raccontare un lato abbastanza sconosciuto della storiografia di entrambi.
Le cose chiare fin dall’inizio della visione del film sono prevalentemente tre: C’è un sacco di neve in Friuli, la troupe responsabile delle riprese salta e si rotola atleticamente per le sequenze (tante) dal vivo e non ci resta che stimarla profondamente , i protagonisti di Ferraz non sono che ignari eroi per caso. Qualcuno è mosso dalla volontà di riscatto, qualcuno dalla condizione di disertore, qualcuno perchè vuole tornare a casa nel minor tempo possibile. Nessuno di loro ha lo sguardo fiero e affilato dell’eroe vissuto in cerca di riconoscimento ufficiale. Per questo vorrete bene a tutti loro.
Il Secondo Conflitto Mondiale sembra appartenere alla memoria di altri popoli, che poco hanno a che fare con noi; i soldati dei diversi schieramenti cominciano ad assumere i contorni di figure-macchiette (i Tedeschi spietati; gli Americani ricchi, alti, in salute e pieni di sigarette e cioccolato; gli Italiani “core a core”; i Giapponesi pazzi suicidi scatenati etc.”) Del panico, del dolore, della voglia di smettere di ammazzare si parla poco.
Prendete un gruppo composto da quattro giovani brasiliani, un giornalista, un italiano in fuga (Sergio Rubini) ed un Tedesco moribondo che li aiuta a tornare sulla strada 47 e provate a recuperare QUELLA memoria perduta.
I protagonisti di Road 47 hanno tutti da dire qualcosa, dicendolo o mostrandolo. Particolarmente toccanti ed intensi i ruoli di Piauì (Francisco Gaspar) e del Colonnello Mayer (Richad Sammel). Ottima la regia e la sceneggiatura con chicche che vi piacerà citare. Nota positiva anche per la fotografia di Carlos A. De Montis e per il montaggio di Mair Tavares, che non risparmiano neanche un secondo di “freddo” e di inadeguatezza allo spettatore.
La Storia, dicono i militari, è fatta di pubblicazioni ufficiali e di episodi. Qualcuno diventa leggenda locale, altri vengono dimenticati. E’ bello, da oggi, poter dire “Il Sudamerica rimase neutrale, ma c’erano quei dodicimila.”
Istruttivo.