A sei anni di distanza dal discusso ma oggettivamente riuscito “Agora”, il regista spagnolo Alejandro Amenábar torna al cinema con un thriller di matrice psicologica tanto care ai suoi esordi cinematografici. Diretto con uno stile registico moderno ma con un occhio ben rivolto al passato “Regression” è un film che gioca con le suggestioni della mente attraverso una messa in scena intrigante ma non priva di indiscutibili sbavature.
Scritto dallo stesso Amenábar, “Regression” , sembra essere una vera è propria regressione di un regista di talento che dopo il Premio Oscar per “Mare Dentro”, e il già citato “Agora”, ha scelto il ritorno al passato per una dimensione cinematografica più intima e raccolta. Una scelta sicuramente dettata da un silenzio lungo sei anni e dalla volontà di lavorare ad un progetto ancora più personale che in passato. Un prodotto ambizioso per il quale sono stati scelti per il ruolo di protagonisti due attori agli antipodi come Ethan Hawake, ormai una presenza fissa nei thriller low budget moderni, e Emma Watson ancora alla ricerca del ruolo che le faccia scrollare di dosso il volto di Hermione Granger (Harry Potter). Un duo di protagonisti insolito amalgamato da un cast di comprimari all’altezza tra i quali vale la pena ricordare David Thewlis, Dale Dickey e David Dencik.
“Regression” è un racconto del terrore che arriva dal passato, da luoghi paludosi di piccole città della periferia americana dove il silenzio e gli spazi aperti sono rivolti verso il nulla arido e non presagiscono nulla di buono. E’ una pellicola tortuosa che minaccia e ammalia lo spettatore attraverso il sospetto e la colpa. Costantemente in equilibrio tra la suspense psicologica e l’orrore del soprannaturale è un opera che trasuda serietà di intenti ed ambizioni. Purtroppo come già detto presenta dei problemi come una sceneggiatura arricchita con elementi superflui e soprattutto, quello di scoprire le carte troppo presto. Il film finisce quasi una ventina di minuti prima del suo epilogo ed è un errore quasi imperdonabile, vanifica per buona parte l’ottimo lavoro tecnico e artistico di un regista che anche in una pellicola non completamente riuscita mostra tutto il suo talento.