Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia fuori concorso, l’opera postuma di Claudio Caligari (scomparso lo scorso maggio), Non essere cattivo, è un film sull’amicizia di due uomini, di vera fratellanza, una storia di amore puro.
Trent’anni dopo Amore tossico, pellicola sulla colonizzazione delle borgate pasoliniane a opera dell’eroina, il regista decide di tornare negli stessi luoghi con l’obiettivo di raccontare il mutato consumo e commercio di sostanze stupefacenti. Protagonisti di questa storia sono Cesare, un Luca Marinelli potentissimo, e Vittorio, Alessandro Borghi, si conoscono da vent’anni, sono cresciuti nella Ostia degli anni Novanta. Insieme hanno vissuto notti sbandate fatte di sballi in discoteca, macchine veloci, alcool, pasticche, spaccio di cocaina, furtarelli. Sono fratelli dell’anima ma hanno anime diverse. L’amore e un lavoro onesto offrono qualche vaga possibilità di riscatto, ma spesso non bastano per adeguarsi ad un mondo di regole, e abbandonare la violenza dell’atteggiamento prevaricatore da strada.
Caligari segue i protagonisti con delicatezza evidenziandone soprattutto i momenti di umanità e quelli grotteschi che inevitabilmente ne conseguono. Il suo sguardo non è per niente retorico, ma onesto, il racconto è frammentario come incerte sono le vite dei personaggi. Il regista rimane con i suoi “ragazzi” fino alla fine, gli vuole così bene che non si risparmia nel farne un ritratto ruvido ma dotato della bellezza che la vita reale gli ha negato.
La forza di Non essere cattivo risiede soprattutto nella recitazione, nei primi piani degli attori come a volerne evidenziare la doppiezza dei sentimenti: i “figli” rischiano di ripetere gli errori dei “padri”, ma solidarietà e fratellanza possono rompere il circolo vizioso. Ne consegue un film lucido, intenso, onesto.