Qualcosa è andato storto in quel Motel. Qualcosa di grosso anche. The Bag Man ma anche The “Bug” Man. Che è David Grovic alla sua opera prima (e ultima?) ma anche Paul Conway, co-sceneggiatore assieme al regista, ma anche attori in stato di disgrazia, ma anche un plot che qualcuno dovrà spiegarci cosa condivide con la fiaba psicoanalitica di Marie-Louise Von Franz, una delle ultime allieve di Jung, cui il film dichiara apertamente di ispirarsi. Gli archetipi, probabilmente, in queste quasi due ore di cattivo riciclaggio di tutti i più vieti stereotipi del genere. Il sicario disilluso attaccato alla bottiglia e debole di cuore, la bellona seducente doppiogiochista, il boss schizoide e paranoico (un De Niro ridotto da anni alla radice quadrata della propria caricatura), cattivi di contorno presi al discount dei villain (un nano bianco con la pelata e un guercio di colore), poliziotti corrotti e colpi di scena telefonati dal satellite. E un finale che resta in sospeso, non si sa mai dovesse capitare di fare un’altra sosta nello stesso Motel. Ma noi, con tutta sincerità, speriamo che il viaggio finisca qui. Da registrare anche, pioggia sul bagnato, il pessimo doppiaggio italiano.
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