Tra risvegli della forza, il ciclone Zalone e una trasposizione cinematografica sognante di un classico della letteratura come “Il Piccolo Principe”, senza dimenticare il circolo dei cinepanettoni, arriva in sala la semplicità e l’eleganza nel raccontare storie di Hirokazu Kore-Eda con “Little Sister”.
Il regista giapponese ci immerge nell’universo di “Little Sister” attraverso una pellicola tutta al femminile dove i pochi personaggi maschili sono rilegati sullo sfondo. Quattro sorelle legate dall’unico filo conduttore di parentela paterna, danno vita ad un ritratto familiare seducente e capace di illustrare l’evoluzione della crescita attraverso la vita, la morte e la famiglia.
Racconto di formazione limpido e riflessivo, affidato alle attenzioni di temi universali e alla maturità dell’emotività dell’essere umano. Basato sul manga di Akimi Yoshida “Umimachi Diary”, ancora inedito in Italia, “Little Sister”, si discosta dalla controparte a fumetti soprattutto per una rilettura della storia che vede la sorella maggiore Sachi (Haruka Ayase) e Suzu (Suzu Hirose) come le uniche vere protagoniste della storia. Quattro sorelle piene di vita devastate psicologicamente dalle delusioni dell’infanzia. Gli affetti mancati e i ricordi riemergono in un percorso di risentimenti e riappacificazioni continue.
La trasparenza dei sentimenti, il passare del tempo sono alla base di un’opera matura capace di adattarsi al mutamento della vita. Un viaggio alla scoperta della comprensione di noi stessi e della complessità del cuore e del pensiero umano. Gli incantevoli paesaggi di Katamura, con le sue montagne e la sua baia, si adattano meravigliosamente ad una pellicola che segue uno schema ben preciso dove, come nella vita, le cose accadono anche senza un reale perché.