Inizia per me la seconda settimana in quel di Colonnata, ovvero gli ultimi 7 giorni di preparazione per “Cronaca di una passione”. 7 giorni: Il tutto ha un sapore biblico. Lunedì 5 Ottobre si batterà il primo ciak e la tensione inizia a crescere, tra imprevisti che non possono mancare e imprevisti più o meno calcolati. E non riusciamo ancora a trovare il trans.
La settimana inizia con un brusco calo della temperatura e con una vertiginosa escursione termica durante le ore centrali della giornata (sono cresciuto a pane a Migliacci…), roba che esci di casa alle 8 del mattino imbacuccato come un eschimese e ti ritrovi a pranzare in maglietta e occhiali da sole. Metteteci pure il fatto che alloggiando a Colonnata, in mezzo ai monti e alle cave, la situazione viene amplificata in maniera esponenziale. La casa in cui io e Luigi viviamo (si vocifera che non ci trasferiamo più il martedì, bensì il sabato mattina… Avrò un’altra settimana di dieta al lardo, sigh) è una di quelle case belle e accoglienti ma grande e vuota, quelle con le pareti fredde, che ci si mettono ore per riscaldarsi. Durante la notte la temperatura scende così tanto che se si lascia per qualche ora parte del letto vuota, quando ci si gira per cambiare posizione, si rischia l’ipotermia. Tuttavia quando la sera rincasiamo, dopo le innumerevoli tribolazioni giornaliere, siamo talmente stanchi che quello del freddo diventa l’ultimo dei nostri problemi.
Ore 8,30, Colonnata. Caffè e Brioche. Saliamo in macchina di Fabrizio. Da Colonnata ci dirigiamo a Massa. Lilli si piazza sulle mie ginocchia: abbaia a ogni essere canino e a ogni ciclista che vede fuori dal finestrino e ogni tanto, forse per lo sforzo dell’abbaiare, emana silenziosi ma micidiali peti. Apro il finestrino della Subaru e cerco di respirare. Luigi sta già lavorando dalla macchina. Io ancora dormo.
L’albero di cachi è sempre più gonfio di frutti e ogni mattina (ahimè) ne sgrulla un bel po’ a terra, il che significa un tappeto scivoloso e zuccherino sul pavimento. Altro che buccia di banana! Un po’ di cachi maciullato mi si attacca alla mia scarpa e penso che sia un vero peccato non avere una scala per raccogliere quelli maturi più in alto. Infatti dall’ufficio, a cadenza irregolare, si riescono a sentire i sordi plof dei cachi che, come kamikaze, si frantumano al suolo esplodendo in tutta la loro succosità. Mi domando come mai lo abbiano chiamato “cachi” e scopro che si tratta di una di quelle parole in cui singolare e plurale coincidono, (forse per evitare le facili battute?)…
La settimana inizia con una di quelle notizie che fanno tremare. Per via di un cambio della sceneggiatura che ha causato l’allungamento di alcune scene Fabrizio ci dice che il piano di lavorazione del film (PDL) deve essere rivisto. Momento di panico. Tutti ci guardiamo in silenzio. Mille domande sorgono in noi e riesco a vedere l’esatto momento in cui il cuore di Luigi (l’organizzatore generale) si spezza: gli occhi gli si sgranano e i capillari si iniettano di sangue. Apro una piccola parentesi.
Per chi non si intenda di produzione cinematografica deve sapere che il PDL per un organizzatore generale è un po’ come il progetto di una casa per un architetto, il bisturi per un chirurgo, il gelato per un gelataio: una conditio sine qua non, senza la quale non è possibile procedere al lavoro di organizzazione del film. Il PDL è una sorta di calendario in cui si decide quali scene vengono girate in quale giorno; è fatto da tante piccole caselle colorate che corrispondono alle suddette scene e la compilazione è simile a una partita a Tetris. Tutto avviene tramite incastri ben precisi. Infatti un film non è quasi mai girato in ordine cronologico (dalla scena 1 alla scena 99 per dire), ma si cerca di ottimizzare i tempi i maniera spesso maniacale, cercando di far corrispondere a ogni giorno un numero limitato di location (meglio se 1), in modo da evitare spostamenti e una serie di infinite perdite di tempo… Questo si traduce nel celebre effetto “butterfly”, che si traduce nella celeberrima immagine in cui il battito di una farfalla a New York può generare un terremoto a Tokio, o nell’altrettanto conosciuto “effetto Domino”, ovvero in una serie di incontrollabili reazioni a catena. Cambiare un singolo tassello del PDL significa incastrarlo in un altro giorno facendo saltare qualcos’altro che a sua volta fa saltare altro… Il fatto è che una determinata scena si gira in una determinata location che necessita di permessi e accordi precisi per utilizzarla (soprattutto quando è un luogo pubblico), con determinati attori che a loro volta hanno le loro esigenze, i loro orari e la loro disponibilità… Capirete come la questione sia piuttosto complessa: un singolo spostamento equivale a decine e decine di chiamate ed mail… uno scenario a dir poco apocalittico.
Ma non demordiamo e iniziamo l’infinito gioco degli incastri. Giulia esulta a ogni nuova comparsa trovata. Noi impazziamo dietro al PDL. Il telefono squilla ogni 15 secondi.
Chi è?
Non lo so…
Cosa vuole?
Non lo so….
La frenesia continua senza sosta. Ci ritagliamo una pausa pranzo dall’insalateria King of Salad, in cui puoi comporre la tua insalata toccando gli ingredienti su un tecnologico monitor touch screen. Sono le 13,30 e il sole picchia duro. Si ricomincia con il tram tram. Chiudiamo il PDL con successo. Stremati ci afflosciamo sulle sedie. Plof, un cachi cade. Bau Bau, Lilli abbaia al caco che cade (così, per sport).
Prendiamo la macchina e andiamo da Tuttogare per ritirare i badge, cosa molto figa che conferisce al tutto un’aura di maggiore serietà e professionalità. Mi metto a guardare il mio badge ed eccitato lo indosso (concedetemi queste frivolezze)… Da Tuttogare conosciamo Ennio, il proprietario della società, un personaggio decisamente sopra le righe con un carisma e un ciuffo alla Fonzie. Ennio possiede una società che si occupa di tutto quello che ha a che fare con le gare, dalle casacche ai camion di 150 metri quadrati con tanto di balcone che può contenere un intero studio televisivo, e si occupa di eventi sportivi di portata nazionale come Il giro d’Italia. Ci mostra il suo capannone, una sorta di magazzino, zeppo di centinaia di cose e materiale che aspetta solo di essere riutilizzato e riportato in auge, tra cui una fighissima Citroen Maserati…
Le giornate iniziano a farsi più confuse. La stanchezza raggiunge picchi da allucinazioni mistiche collettive. Tutto inizia a rassomigliarsi in maniera preoccupante e lo spazio-tempo inizia a fondersi senza soluzioni di continuità.
Colazione, Colonnata-Massa, cachi, lavoro, PDL, chiamate, ODG, chiamate, Pranzo, lardo, insalata, Lilli, bau bau, vino… E ogni tanto qualche problema nuovo, con tanto di imprecazione annessa.
Ma questo trans?
Ancora non si trova. Facciamo ricerche a riguardo sul web con risultati più o meno improbabili, che chiunque di voi potrà immaginare.
E’ mercoledì sera. Io e Luigi ci rintaniamo a casa e decidiamo di cucinarci da soli, troppo stanchi per scendere giù a Carrara per cena e con il fegato decisamente affaticato dai salumi made in Colonnata. Nel gelo delle nostre mura (che poi in realtà si può accendere il riscaldamento ma, vuoi per pigrizia, vuoi per incompetenza, non lo accendiamo) cuciniamo qualcosa di improbabile che ha tra gli ingredienti le lasagne, il pesto e due pomodori freschi e ci ficchiamo a letto alle 22.
Il giorno successivo conosciamo il nuovo attrezzista, Guglielmo, un personaggio che potrebbe essere uscito da uno di quei film anni ’70 con i motociclisti cazzuti, che indossano giubbotti di pelle con impresse scritte cattive. Tuttavia il suo aspetto entra in contrasto col suo sorriso bonario, cosa che lo rende una perfetta fusione tra il nonno di Heidi e un motorbiker stile Harley Davidson. Rimango affascinato da questa mitica figura, con la sua barba bianca fluente, il viso perennemente paonazzo che arriva cavalcando la su motocicletta arancione e con dei Ray-Ban troppo belli, di quelli che coprono pure i lati e che forse sono usciti dal commercio nel 15/18. Guglielmo tratta con Fabrizio per il suo contratto da attrezzista e, una volta accordatosi, esordisce con una sonora bestemmia e una solida stretta di mano. Alessandra la scenografa inizia a impartire le prime nozioni a Guglielmo e, tra mille incomprensioni, il tutto inizia ad assumere sfumature grottesche: potrei stare due giorni a osservarlo…
Ma non c’è tempo. Qua si macina lavoro. Arrivano ben 3.000 bottigliette d’acqua da stivare e, ovviamente, anche tutto il reparto regia e produzione offre il suo contributo nello stoccaggio. Quando il cinema è mano d’opera e sudore, quando prevale ancora l’analogico dei muscoli e delle schiene doloranti… Mentre mi accollo diverse tonnellate d’acqua penso che forse sta proprio in questo il fascino delle produzioni a basso budget: in un cameratismo che non esiste nelle grandi produzioni iper settorializzare, in una propensione a vedere il set come un’ottica realmente di gruppo, in cui la tipica aura piramidale spesso decade e si assiste al regista che tira cavi o solleva pancali. Nel bene o nel male è un tipo di fare cinema diverso, più artigianale e forse (permettetelo di dirlo) più vero…
Nello stoccare le bottigliette d’acqua incappiamo più volte nella viscida melmaglia dei cachi. Adolfo, il secondo organizzatore generale nonché conoscitore di mezza Massa e Carrara e proprietario degli uffici, decide di porre fine a tutto questo e insieme a Luigi iniziano a spazzolare i cachi defunti con acqua e scopa, creando un turbine di fanghiglia arancia che cola via lungo il viale… Wow… Resto un po’ così, tipo inebetito.
La temperatura si è stabilizzata diventando fredda e basta. La sera si fa l’aperitivo da Gigi (non fatemi domande) e incontriamo l’ennesimo personaggio degno di un film di Tarantino, un sorta di versione sarda di Budd in Kill Bill, che chiameremo B perché non mi ricordo il nome. Capelli tirati, coda, maglietta nera aderente, pantaloni attillati, risata rombante, stile tamarro. Dice che ha uno sfasciacarrozze e ci può aiutare con i furgoni. Beviamo uno spritz, stuzzichiamo due patatine. Gigi ci porta pure i salumi. Adolfo fa cadere lo spritz. Gigi pulisce e porta un altro spritz. B se ne esce fuori che in passato faceva il secondino in un carcere di massima sicurezza e che ha conosciuto di persona Enzo Tortora. Si resta una buona mezz’ora a parlare di Tortora e ad ascoltare gli aneddoti di B che si vanta che i detenuti avevano paura di lui… Il tutto è molto interessante ma si perde il punto dell’incontro, ovvero il furgone…Ma la serata va così: B fugge e noi rimaniamo lì da Gigi, con il tavolo ancora bagnato per lo spritz. A volte fare produzione significa anche questo: parlare senza concludere molto. In gergo si dice fare PR, pubbliche relazioni.
E’ venerdì sera e la settimana sembra volata. L’ODG per Lunedì è preparato e inviato. Si comincerà con la scena più lunga e tosta. Ho raggiunto il record di tre cachi mangiati in soli 20 minuti. C’è stato qualche imprevisto per una location ma tutto sembra essersi risolto… Come dice Alessandra la scenografa a volte le cose si risolvono da sole, nel tempo. Succede così anche nelle più grandi produzioni: che magicamente tutto va al suo posto.…
Si aspetta il furgone di fotografia che sembra non arrivare mai, il che vuol dire restare in ufficio fino alle 21 per poi, belli freschi, prepararsi per un nuovo scarico.
Io sto qui che finisco di scrivere queste righe. Domani si lavora ancora e Domenica avremo la troupe al completo. Mi chiedo quanto mi farà strano vedere l’ufficio colmo di gente, visto che per due settimane è aleggiata una relativa pace… Il ciak è pronto e vi ho già scritto i dati per la prima scena. Fuori è buio e dal computer di Luigi vibra una canzone di non so chi, che però mi piace.
In tutto ciò ancora non ci siamo trasferiti a Massa e non si sa quando lo faremo. Sto quasi iniziando ad affezionarmi, anche se questa settimana ho mangiato decisamente meno lardo.
Ci si sente tra una settimana, quando saremo già a un terzo delle riprese di “Cronaca di una passione”. Almeno spero. E sempre se avrò il tempo di scrivere.
Plof: l’ennesimo caco è caduto. Ops, cachi volevo dire…
Venerdì 2 Ottobre, Massa.