Con ben 35 punti di vista di inquadrature differenti, l’inserimento di sofisticati e grossolani effetti visivi, pregevoli immagini animate ed un lavoro di montaggio durato sei mesi, il 23 dicembre è arrivato al cinema lo spettacolo lirico di Cenerentola diretto da Carlo Verdone, ambientato negli splendidi luoghi della città di Torino. Raccontata in circa 850 versioni differenti la trasposizione di Carlo Verdone non aggiunge poi molto al classico adattamento musicato da Rossini che fin dalla prima rappresentazione del 1817, presso il Teatro Valle di Roma, ha visto sparire la fata ed i graziosi animaletti che da sempre accompagnano l’immaginario collettivo di Cenerentola, colpa anche dell’indimenticabile capolavoro Disney. Il risultato finale è sfortunatamente simile ad un pranzo di difficile digeribilità almeno per gli spettatori non interessati alla lirica.
Nonostante il progetto ambizioso, la necessità di Carlo Verdone di trovare nuovi sviluppi artistici, alla sua seconda regia lirica dopo Il Barbiere di Siviglia nel 1992, ed i buoni propositi di Micromedia Distribuzione di diversificare la proposta cinematografica con prodotti culturalmente intriganti, non ci sentiamo di promuovere una proposta che fin dalla prima inquadratura odora di stantio televisivo.
Tormentato da un ritmo soporifero e guidata da una regia elementare, l’opera è obiettivamente di difficile digeribilità al cinema. Con un autore comico come Verdone al proprio servizio sarebbe stato lecito aspettarsi qualche influenza ironica. L’utilizzo dell’animazione lasciava ben sperare in qualcosa di realmente stravagante. Nulla di tutto questo, è il più classico degli spettacoli lirici visti e rivisti in TV.