Presentata in concorso al 68° Festival di Locarno e scelta per la selezione ufficiale del Festival di Toronto di quest’anno, Bella e Perduta è un’opera di impegno civile dal sapore fiabesco, che ha come protagonisti la maschera di Pulcinella, un bufalo e un pastore realmente esistito.
Bella e perduta parte dalla storia di Tommaso Cestrone, l’angelo del Carditello, l’uomo che volontariamente e senza alcun compenso si era assunto l’onere di curare, mantenere e preservare la Reggia di Carditello, nel momento in cui versava in condizioni critiche e nessuno sembrava avere intenzione di occuparsene. Mescolando la realtà con elementi di finzione, la storia si snoda tra le vere immagini di Tommaso al lavoro, del suo amore per la terra, e l’epopea del bufalo Sarchiapone accompagnato da un Pulcinella, in un viaggio attraverso l’Italia dei pastori: il bufalo sarebbe destinato al macello e Pulcinella cerca di salvarlo.
Attraverso uno spostamento continuo del punto di vista da un personaggio all’altro, Pietro Marcello costruisce un coro di voci, di sensazioni e soprattutto di sguardi che, nel complesso, compiono una vera e propria riscoperta del paesaggio italiano, deturpato e offeso dalle barbarie degli uomini. Il rapporto tra uomo e natura è il tema portante del film che ci viene riconsegnato attraverso lo sguardo di un animale: Sarchiapone è simbolo di questa relazione che da armoniosa è divenuta sempre più schiacciante, creatura senziente che osserva il mondo, capace di sentimenti, e specchio di un’umanità dolente.
Mescolando la cruda realtà alla fiaba, Bella e Perduta racconta di un mondo di degrado umano dove non ci si accorge nemmeno della presenza di un bene storico e architettonico, in cui la bellezza non viene ascoltata ma lasciata in totale abbandono. Ma è proprio da questo mondo contadino, dalla tradizione e dalla saggezza popolare dei contadini che può arrivare la salvezza. Con un finale tragicamente reale: Sarchiapone non può scampare al suo destino di schiavo degli uomini, che ne decidono a piacimento la sorte. E quindi di nuovo la morte, stavolta rituale, simbolo sacrificale per risvegliare le coscienze, assopite per troppo tempo.