Si possono raccontare in 98 minuti, paradossalmente parlando, tutte le paure che attanagliano il nostro periodo storico non spostandosi mai dalla Puglia? Questo è quello che Mimmo Mancini, regista e co-sceneggiatore insieme a Carlo Dellonte del film Ameluk, cerca di fare nella curatissima, pungente e mai scontata commedia in uscita il 9 Aprile 2015, una scommessa ambiziosa e coraggiosissima a partire già dalla colorazione di un tono giallo che ricorda delle vecchie cartoline sbiadite, ai personaggi caratterizzati perfettamente, sia cromaticamente che caratterialmente degni di una vignetta di Andrea Pazienza (citando testualmente il Regista).
Il film gioca molto sul concetto di destabilizzazione, cosa succederebbe in un paesino minuscolo lontanissimo dal mondo, in questo caso Mariotto in Puglia, se la routine dovesse venire meno ? Un infinità di situazioni paradossali. La collettività, intesa come insieme di persone che ricopre un proprio ruolo e che quindi ha un proprio compito, viene meno, e questo soprattutto per colpa della mancata comunicazione tra individui e della paura e lo smarrimento che quest’ ultima può portare in un collettivo, se si mettono i propri interessi davanti quelli della comunità, soprattutto quando un avvenimento fuori dal normale sconvolge quelle abitudini che sono una sicurezza e un conforto quasi necessario. Una pellicola attualissima che mette in evidenza l’ importanza di mettere la persona davanti ad un credo religioso o ideale politico, il tutto condito da dialoghi e siparietti piacevolissimi che creano diatribe tra i personaggi che vorremmo durassero molto di più ma che sono ben bilanciate e amalgamate nella storia. Un film che non ha paura di puntare il dito sul potere della comunicazione, volutamente sopra le righe ma che non sfocia mai ne sul banale ne sulla volgarità fine a se stessa, una piccola chicca.