Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, arriverà nelle nostre sale il 5 Novembre, Alaska, melò avvincente dai risvolti quasi epici, una storia d’amore viscerale, con protagonisti “eroi” moderni e imperfetti che sfidano difficoltà ed ostacoli in una società ambiziosa e alla ricerca della propria soddisfazione personale.
Abbiamo incontrato il protagonista maschile Elio Germano e il regista di Alaska, Claudio Cupellini.
Com’è stato interpretare un personaggio così aggressivo e fuori dagli schemi canonici?
“L’aggressività di Fausto è data dal furore della gioventù. C’è un processo di crescita durante il film visto che la storia racconta 5 anni delle vite dei protagonisti. Lui, da un atteggiamento diciamo più punk, matura e cresce nella sua escalation sociale.”
Il film è pieno di avvenimenti e i due protagonisti sembrano non trovare mai veramente la loro dimensione. Cosa volevi comunicare?
“Il film è una corsa ad ostacoli verso il trovare una propria serenità. Siamo abbagliati nel cercarla, nell’essere qualcuno agli occhi degli altri. I sentimenti che risultano scomodi all’inizio, sono quelli che poi li salveranno. Siamo fatti di errori ma anche di slanci emotivi che fortunatamente ci identificano.”
Com’è nata la struttura circolare della storia?
“Ci sembrava giusto chiudere così come avevamo aperto a ruoli invertiti. Per tutta la storia c’è sempre un non equilibrio tra i due protagonisti. Fausto ad un certo punto della storia dice anche “Mi sembra che le cose stiano andando bene a me perché vanno male a te”. Riportarli all’inizio della storia ma con una pacificazione e una maturità diversa ci sembrava la scelta più adeguata. Volevamo inoltre un finale romantico, ma anche realistico: non potevamo avere il vissero felici e contenti, ma potevamo farli restare insieme nonostante il mondo esterno. Della serie né con te, né senza di te.”
Ti abbiamo visto in tanti film impegnativi e drammatici. Ti piacerebbe fare un film comico? Far ridere?
“Io li faccio ma non vanno bene. Per me il cinema non ha genere. Cerco di fare film sinceri.”
Avevate in mente un modello? A cosa vi siete ispirati?
“Il modello, se si può parlare di modello, è Fritzgerald, il Grande Gatsby, l’amore attraverso l’ascesa sociale. Le scelte che i personaggi compiono è sempre sulla domanda: rende felice l’amore o l’ascesa sociale?”