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Spectre 007 di Sam Mendes – Recensione Film

Arriva in sala il ventiquattresimo film di James Bond, “Spectre”, ultimo capitolo della serie con protagonista Daniel Craig, il primo agente biondo al servizio di sua maestà, per la regia di Sam Mendes (American Beauty) già dietro alla macchina da presa per il precedente “Skyfall”. Un binomio artistico, quello tra l’attore e il regista, che si rinnova con la speranza di bissare il successo qualitativo e al botteghino del suo predecessore.

Tecnicamente superlativo, l’intero piano sequenza iniziale nella Città del Messico è eccezionale, “Spectre” arriva in sala con un carico di aspettative molto alto, sebbene oggettivamente discreto sotto il profilo dell’intrattenimento, ma si dimostra purtroppo banale. In primo luogo la sceneggiatura scritta a quattro mani da John Logan, Neal Purvis, Robert Wade e Jaz Butterworth, è un intreccio qualitativamente indecifrabile di trame e sotto-trame che si incastrano tra loro grazie all’elevata dose di forzature presenti. “Spectre” soffre di una narrazione da singhiozzo e attraverso un viaggio intorno al mondo, mette in scena tutte le rivelazioni più assurde che potevano venire in mente agli sceneggiatori, tra cui una love story veramente degna di un fotoromanzo. Tutto ricorda più un “Mission Impossibile” che non un 007.

Le scene d’azione sono assolutamente spettacolari tuttavia palesemente repliche, con effetti moderni, di scene già viste in passato nei vecchi capitoli. In “Spectre” manca il cuore, manca il fuoco della passione di chi ha accettato di girare l’ennesimo lungometraggio solo per rispettare contratti e accordi firmati. Quasi due ore e mezza di niente, una corsa sfrenata in giro per il mondo alla ricerca dell’intrattenimento che è presente ma è molle.

Pellicola dal taglio spettacolare che naufraga sotto il peso delle sue mancanze. Agitato e non mescolato “Spectre” ha tutti gli elementi giusti non amalgamati tra loro. In una scala di qualità dei quattro capitoli con protagonista Daniel Craig, si posiziona al terzo posto ma solo perché “Quantum of Solace” di Marc Forster è peggio di lui. Non imperdibile.

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About Davide Belardo

Editor director, ideatore e creatore del progetto Darumaview.it da più di 20 anni vive il cinema come una malattia incurabile, videogiocatore incallito ed ex redattore della rivista cartacea Evolution Magazine, ascolta la musica del diavolo ma non beve sangue di vergine.

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