Arrivato dalla Francia come una commedia campione d’incassi, “11 donne a Parigi” ha evidentemente un gran lavoro dietro, una trama interessante, un bell’intreccio e tante belle intenzioni.
La storia di intrecci di vite di undici donne parigine, tutte diverse, per età, passioni, professioni, valori, orientamento sessuale, desideri, aspettative e prospettive. Tante belle intenzioni, sia nella mente della regista, nonché una delle undici attrici del cast, Audrey Dana, della co-sceneggiatrice Murielle Magellan, e a quanto dichiarano anche delle altre dieci attrici. Tutte ci presentano il film come una rivelazione, quasi una folgorazione: obbiettivo primario, quello di raccontare le donne in modo ironico, di far riflettere col sorriso, di presentare il misterioso ed affascinante mondo femminile dal punto di vista proprio delle donne. Donne che parlano di donne. Donne che vogliono riprendersi il proprio punto di vista rispetto all’immaginario quasi esclusivamente maschile nel cinema; che vogliono dimostrare che le donne che parlano di donne sanno fare meglio della controparte maschile, che sanno far ridere e che sono molto di più dei soliti stereotipi.
Queste undici donne si incontrano, si sfiorano, entrano le une nelle vite delle altre e alla fine si ritrovano tutte insieme durante 28 giorni di una piovosissima primavera parigina, parlano dei loro problemi sentimentali, ormonali, psicologici, ginecologici.
Si voleva arrivare in profondità con tutte queste belle intenzioni che purtroppo si sono arenate in un eccesso di comicità fine a se stessa, di caricaturalità e sindromi ormonali eccessive. Scopriamo che Joe (Audrey Dana) vive preda dei suoi ormoni; Adeline (Alice Belaidi) è sulla via della depressione perché costretta a sopportare di tutto; Fanny (Julie Ferrier), l’autista di bus, diventa una ninfomane dopo anni di matrimonio con un marito di una noia mortale; Marie (Alice Taglioni) è una ragazza lesbica che cerca rassicurazione seducendo gli altri; Sophie (Audrey Fleurot)è falsa, fa la donna forte ma è estremamente sola; Ysis (Geraldine Nakache), 27 anni e 4 figli, forse ha capito che è andata un po’ troppo di corsa; Lili (Isabelle Adjani)che forse sta andando in menopausa ed è invidiosa della figlia sedicenne; Agathe (Laetitia Casta) è talmente insicura che se incontra un uomo che le piace inizia a soffrire di meteorismo e flatulenza; Ines (Marina Hands), che ha dovuto subire un’operazione agli occhi per vedere che il marito la tradisce e allora diventa una stalker; Sam (Sylvie Testud) che ha paura anche dei tuoni; Rose (Vanessa Paradise), donna in carriera che ha troppo testosterone.
11 donne a Parigi avrebbe dovuto presentarci con ironia il mondo femminile dal punto di vista delle donne ma, ahi noi, Audrey Dana ha finito per fare forse peggio della controparte maschile: si ride pochissimo, se ci si sforza; non si capisce quale sia il suo scopo perché si rimane così in superficie che non si arriva da nessuna parte, queste donne sono lo stereotipo dello stereotipo femminile dell’immaginario maschile, una caricatura della caricatura. Se nei titoli non venisse presentato il nome della regista, si potrebbe facilmente pensare che sia stato un uomo a dirigere 11 donne a Parigi.
Ma davvero, è stata la commedia campione d’incassi dello scorso anno in Francia?