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Racconti di Cinema – Godsend di Nick Hamm con Greg Kinnear, Rebecca Romijn e Robert De Niro

Oggi, recensiamo Godsend – Il male è rinato.

Diretto da Nick Hamm (Martha da legare, The Hole, Killing Bono, Il viaggio – The Journey), Godsend è un film horror psicologico intriso di venature filosofiche, un giallo metafisico dalle fortissime ambizioni purtroppo sciupate da una regia sciatta e maldestra. Inoltre non sostenuto da una sceneggiatura adeguata, in quanto debole e ricolma d’incongruenze ed ingiustificate ellissi. Perfino pieno di elisioni e buchi cosmici, diciamo quasi tragicomici.

Ciò, peraltro, è assai strano poiché il suo writer altri non è che il valente Mark Bomback, autore del brillantissimo franchisereboot de Il pianeta delle scimmie. E sceneggiatore di script forse non eccezionali, comunque parecchio interessanti, vedi Unstoppable (ultima regia di Tony Scott) con Denzel Washington.

Godsend – Il male è rinato dura un’ora e quarantadue minuti e, a dispetto del suo impianto orrifico e delle sue numerose scene inquietanti, uscì negli Stati Uniti col “bollino” PG-13.

Godsend – Il male è rinato fu giustamente mal accolto dall’intellighenzia critica e, a tutt’oggi, sui maggiori siti aggregatori di medie recensorie, riscontra voti bassissimi.

A ben vedere però, Godsend – Il male è rinato, rivisto col senno di poi e valutandolo semplicemente come thrillerino scevro d’ogni pretenziosità superflua e onestamente irritante, non è poi così malvagio, sebbene (perdonateci il voluto gioco di parole) l’ombra del maligno serpeggi viscidamente lungo tutto l’arco temporale, spesso soporifero, del suo corposo, più che altro tedioso e poco fluidamente snodato intreccio banalmente contorto.

Trama:

i giovani coniugi Paul (Greg Kinnear) e Jessie Duncan (Rebecca Romijn, qui ancora accreditata col cognome del suo ex marito, ovvero Stamos) perdono tragicamente il loro piccolo, affettuoso figlio Adam (Cameron Bright) in seguito a un mostruoso incidente occorsogli.

Disperati inconsolabilmente, tristissimamente raggelati, mortificati e impotentemente atterriti dalla morte del proprio unico figlio, dopo la cerimonia funebre in suo onore, durante una giornata fredda e nevosa, vengono furbescamente approcciati da un ambiguo signore col cappellaccio, il dottore Richard Wells (Robert De Niro). Il quale si presenta loro come un rivoluzionario, moderno esperto di genetica molecolare. Wells si dichiara infatti orgogliosamente uno straordinario anfitrione capace di poter rigenerare esattamente Adam in laboratorio tramite un’avanguardistica tecnica sofisticatissima d’inseminazione atta, a sua volta, a riplasmare la (ri)nascita di Adam a clonazione identica dell’Adam oramai purtroppo defunto per sempre.

Dopo un’iniziale riluttanza e molte perplessità del tutto comprensibili, Paul e Jessie accettano la pericolosa, strana eppur perversamente miracolistica proposta moralmente aberrante di Wells. Speranzosi di poter riaccogliere Adam fra le loro braccia. Altamente infischiandosene di ogni bioetica.

Cosicché, Adam rivive ancora, risorgendo dalle ceneri del suo cuore apparentemente, eternamente spentosi.

Ma, al compimento del suo ottavo compleanno, il nuovo Adam comincia a mostrare palesi e incontrovertibili segnali di squilibrio assolutamente allarmanti. Diviene difatti preda di terrificanti e oscene allucinazioni, ricordando, fra spettrali suoi incubi e tetrissime visioni profetiche, eventi del suo passato apparentemente inesistenti, invero spaventevolmente, profondamente tanto veri quanto agghiaccianti.

L’acquosa, mortifera e plumbea fotografia di Kramer Morgenthau (Il trono di spade, Il caso Thomas Crawford, Terminator Genisys) è ottima e in linea con l’atmosfera funerea della pellicola. In Godsend, echeggiano i fantasmi perfino del Presagio di Richard Donner con Gregory Peck ma l’opera di Hamm è, come sopra già dettovi, arrabattata e diretta goffamente.

Mentre le musiche di Brian Tyler (Iron Man 3, Giustizia privata) sono veramente fiacche e il manico dell’intero film è più fragile di un finissimo bicchiere di cristallo.

Malgrado ciò, Godsend rappresenta un altro arabesco tanto assurdo quanto strambamente coerente nell’excursus attoriale, potremmo dire, filologicamente “autoriale” della mirabolante e labirintica carriera variopinta, camaleontica e impressionante di Robert De Niro.

Che, in quegli anni suoi filmografici così confusionari eppur ritraenti il suo intatto, spettacolare istrionismo da stacanovista vampiristico lanciatosi impavidamente (forse solo per ragioni alimentari, eh eh) a essere presente in molteplici pellicole di ogni genere, incarnandosene in rispettivi ruoli da lui comunque perennemente, egregiamente, professionalmente, stilisticamente e disinvoltamente interpretati, neanche a farlo apposta, ebbe vari figli (eh già, più di uno) tramite fecondazione in vitro.

Forse fu questa la personalissima motivazione che lo indusse a interpretare Godsend?

Pellicola la cui tematica, fra l’altro, ricorda lapalissianamente il Frankenstein di Branagh con lui nella parte della creatura…

About Stefano Falotico

Scrittore di numerosissimi romanzi di narrativa, poesia e saggistica, è un cinefilo che non si fa mancare nulla alla sua fame per il Cinema, scrutatore soprattutto a raggi x delle migliori news provenienti da Hollywood e dintorni.

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