Ebbene, oggi vi presentiamo la recensione di un gran bel film da poco uscito su Netflix, ovvero Il processo ai Chicago 7 (the Trial of the Chicago 7), pellicola della considerevole durata di 2h e nove minuti che, certamente, possiamo annoverare subito fra le opere di migliore qualità che, a dispetto dell’ancora allarmante situazione pandemica dettata dal Covid-19 che ha bloccato gran parte delle uscite in sala, sarà candidata in molte categorie alla prossima, comunque immancabile edizione degli Oscar.
Scritto e diretto dal valente, sempre più ragguardevole Aaron Sorkin, sceneggiatore premio Oscar per The Social Newtork di David Fincher, oltre che di altri acclamati, pregiati script quali L’arte di vincere con Brad Pitt, qui alla sua seconda, notevole esperienza dietro la macchina da presa dopo l’apprezzato Molly’s Game con Jessica Chastain, Il processo ai Chicago 7 narra di uno dei più importanti, duraturi e, aggiungiamo noi, duri e perigliosi, per l’appunto, processi giudiziari avvenuti nella storia degli Stati Uniti.
Ovvero, un processo forse di natura “politica”, così come viene affermato più e più volte giustamente nel film, intentato a danno di sette attivisti che manifestarono contro la guerra del Vietnam e furono accusati di cospirazione.
Fra questi sette, a primeggiare carismaticamente e, soprattutto, a battagliare in aula di tribunale con inarrendevole, forte ardimento, il giovanissimo liberale elegante di nome Tom Hayden (Eddie Redmayne) e il folcloristico, apparentemente ignorante e sprovveduto, invero molto in gamba e assai arguto e saccente Abbie Hoffman (uno strepitoso e trasformista Sacha Baron Cohen rigenerato che vivifica il film con la sua trascinante prova pregna di tosto appeal magnetico).
A sostenere i sette accusati nella loro difficilissima lotta verso la libertà, lo scafato e navigato avvocato William Kunstler (Mark Rylance). A osteggiarli, invece, il bastardo, forse neanche tanto, Richard Schultz (Joseph Gordon-Levitt).
Avvalendosi della suadente fotografia di Phedon Papamichael (Nebraska), Il processo ai Chicago 7, magistralmente orchestrato da Sorkin, malgrado molti momenti assolutamente retorici, qualche lungaggine e cedimento nella parte centrale e forse alcuni scambi di battute un po’ telefonati, nonostante un finale (che non riveleremo, ovviamente per non sciuparvi la sorpresa) didascalico e fin troppo simile all’Attimo fuggente, tiene incollati allo schermo per tutte le sue dure ore e più di durata, sorretto da un cast meraviglioso in cui, oltre ai già citati Cohen in prima linea, Redmayne e Levitt, svetta un Frank Langella come sempre straordinario e si fa notare il cammeo corposo di un Michael Keaton, al solito, molto efficace.
Cosa funziona ne Il processo ai Chicago 7
Il racconto di un evento scabroso, come già sopra dettovi, di rilevanza imprescindibile nella storia degli States.
Perché non guardare Il processo ai Chicago 7
Se non amate i film ambientati, perlopiù, in un’aula giudiziaria dalle atmosfere alla John Grisham e non v’interessa la storia americana e non solo questa.
Il processo ai Chicago 7 è stato distribuito in sala da Lucky Red a partire dal 30 settembre ed è ora disponibile in esclusiva su Netflix dal 16 ottobre.