Cinema lirico, dilatato, dal passo sofferto, The Rider è un neo western quotidiano pregno di dolore e squarci elegiaci, ma si limita ad essere un canto disilluso, un triste lamento e quasi mai un vero e proprio racconto. Dal 29 Agosto in sala con Wanted Cinema il film della regista Chloé Zhao, che presto dirigerà il nuovo film Marvel “Eternals”, presentato a Toronto, al Sundance e a Cannes, e premiato come Miglior Film 2018 dalla National Society of Film Critics.
Nella riserva di Pine Ridge, nel South Dakota, Brady Blackburn è un giovane cowboy e stella nascente del rodeo che apprende dal suo medico di non poter più cavalcare a seguito di una caduta che gli ha provocato una frattura al cranio quasi fatale. A fianco della sorellina, affetta dalla sindrome di Asperger e in lotta col padre piegato dal lavoro e dalle responsabilità, Brady alleva cavalli cercando nel frattempo una ragione per andare avanti.
Cosa funziona in The Rider
Il poetico sconforto che prende visivamente corpo in numerosi passaggi del film. Uno tra tutti, la sequenza attorno al fuoco, un momento idilliaco che è puro e sublime cinema. The Rider poi, con cognizione astuta e mai ricattatoria, ci mostra l’assurdità retrostante simili ambizioni, l’idiozia di vite rovinate per nulla, per uno scopo futile che non è gloria né (vero e proprio) successo, ma solo un sogno acerbo.
Perché non guardare The Rider
The Rider, film che a tratti pare furbamente concepito per penetrare il mercato dei festival e – più in generale – del cinema indipendente, non piacerà a tutti coloro che non sono in piena sintonia con questo così particolare universo artistico/produttivo. Un film che, dalla metà circa in poi, si scopre tristemente a-narrativo, non-racconto pregno di mestizia, puro lamento dolente incapace di farsi preghiera o invocazione.
Forte di una fotografia sublime e di un protagonista in stato di grazia, The Rider non manca di fascino, denota alcuni passaggi visivamente seducenti e riesce perfettamente a calarsi nell’anima e nello spirito di un territorio, dei suoi umori e del suo lifestyle. Forse il suo problema è proprio questo: la volontà evidente di spostare lo sguardo dall’intimo all’universale, dall’uomo al territorio (leggi “Paese”) che detta le (influisce sulle) sue ambizioni, il suo stile di vita e i suoi limiti ma l’incapacità (o la mancata volontà) di compiere tale passaggio.