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Unsane, recensione dell’atteso thriller di Steven Soderbergh girato con un Iphone7

Dopo La Truffa dei Logan, continua il percorso di riavvicinamento al  cinema di Steven Soderbergh. Unsane è il secondo film del 2017, in uscita da noi questo luglio

Unsane conferma in primis come il ritorno di Steven Soderbergh al cinema non sia un vezzo estemporaneo. Quando nel 2013 l’americano annunciò il ritiro, furono in molti a non prenderlo sul serio: dopo quindici anni di bulimica carriera al ritmo di un film all’anno, come avrebbe potuto il regista adattarsi ai ritmi della televisione, sua nuova passione? Detto fatto: dopo Behind The Candelabra e soprattutto The Knick, Soderbergh è di nuovo in pista. Un film dopo l’altro, come ai vecchi tempi: spaziando dal mainstream allo sperimentale al film d’autore, sovente mischiando le tre cose. La Truffa dei Logan è uscito appena un mese fa. Ora tocca ad Unsane. E le riprese del prossimo High Flyng Bird sono appena terminate.

Film minuscolo, girato in segreto in meno di un mese, Unsane ha fatto parlare di sé soprattutto come “il film di Soderbergh girato tutto con un Iphone”. Come era facile aspettarsi, il bizzarro selling point è puro fumo negli occhi, una manovra di marketing del tutto slegata dal risultato finale. Al netto di pretestuosi discorsi sulla natura dell’immagine e la sua fallacità, non è per questo che il film merita considerazione. Che Unsane sia girato con un Iphone bisogna farselo dire: gli effetti pratici della scelta sono inesistenti, e dopo cinque minuti è normale dimenticarsene.

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Unsane, come da prassi per il suo autore, è un film che si rifà ad una tradizione “di genere” consolidata, e ne amplia i presupposti attraverso l’analisi psicologica e sociale. In questo caso, il mondo narrativo di riferimento è quello del thriller psicologico virato paranoia, manicomi e complotti: Sawyer Valentini (Claire Foy) ha cambiato vita e città a  causa delle persecuzioni subite dallo stalker David Strine. In preda a ossessione paranoide, si rivolge al consueling dell’Highland Creek Behavioral Centre. E’ l’inizio di un incubo: l’istituto utilizza il proprio potere per far rinchiudere i pazienti giudicati incapaci di intendere e di volere allo scopo di sfruttarne l’assicurazione, e Sawyer risponde perfettamente ai requisiti. Si ritrova così internata, impossibilitata a comunicare con il mondo esterno. E come se non bastasse, nel manicomio potrebbe nascondersi proprio Strine, sotto falsa identità.

Perché vedere Unsane

Unsane come thriller funziona a meraviglia. Non è scontato: spesso Soderbergh ha fatto fatica ad adattare la propria rigida visione autoriale all’intrattenimento del cinema mainstream, finendo per sacrificare uno dei due aspetti. Qui la sovrapposizione è totale. Unsane è per prima cosa un thriller psicologico con tutti i crismi, rispettosissimo del genere e a tratti addirittura entusiasmante nell’inventiva della rappresentazione (l’imprevedibilità è il primo pregio di questi film, e in Unsane nessuna scena è come ce la si aspetta). Allo stesso tempo, la sempre interessante visione del suo autore innesta una serie di considerazioni rilevanti e non banali attorno alla sua squilibrata protagonista. Sawyer si ritrova prigioniera di un mondo chiuso e violento, apparentemente dedito alla sua sicurezza ma che rifiuta di crederle quando la ragazza denuncia la presenza del suo aguzzino (l’angosciante impunità dell’apparentemente onnipotente stalker si riaggancia a una delle rivendicazioni portanti dei movimenti neo-femministi americani). Unsane parte come una specie di fantascienza complottista, con Big Pharma che interna pazienti sani a scopo di lucro, e si evolve, un po’ a fatica, in un dramma personale, rappresentazione di un rapporto tra sessi distorto e malato.

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Cosa non funziona in Unsane

Nella pluralità di possibili letture, la guerra tra sessi è forse l’elemento più debole di Unsane. La rappresentazione del villain è macchiettistica e sopra le righe, quasi la caricatura parodistica del maniaco sessuale, e i suoi pochi dialoghi con la protagonista si affidano a qualche stereotipo di troppo. Il finale in particolare, sposta il discorso tematico e stilistico dalla paura di una minaccia inevitabile verso uno showdown più goffo e rumoroso, con recriminazioni personali e discettazioni sulla natura dell’amore non proprio sopraffine.

Unsane è comunque un lavoro di prima categoria, e il piccolo grande ritorno di Steven Soderbergh dopo la prova-blockbuster di La Truffa dei Logan. Un thriller superbo e una fortissima storia al femminile (Claire Foy e Juno Temple incredibili per dedizione e concentrazione). Sbanda sul peso delle proprie ambizioni, ma resta un lavoro notevole.

Regia: Steven Soderbergh Con: Claire Foy, Juno Temple, Joshua Leonard, Jay Pharoah Anno: 2018 Nazione: USA Distribuzione: 20th Century Fox Durata: 98 min

About Saverio Felici

(Roma, 1993) Lavora nei campi dell'editoria e della produzione audiovisiva. Scrive e collabora tra gli altri con Point Blank, Nocturno e Cineforum.

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