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Halloween – La Notte Delle Streghe – Perché guardare il capolavoro di Carpenter come film per la serata del 31 ottobre?

Abbiamo già parlato del film di John Carpenter nel racconto di Cinema del nostro Stefano, abbiamo analizzato il nuovo e moderno sequel in questi giorni nelle sale ma non vi abbiamo ancora detto perché questo film non può mancare nella programmazione delle vostre visioni per la notte delle streghe. 

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MEMORANDUM

Prendete un qualsiasi appassionato di cinema e chiedetegli quali sono i cinque horror che metterebbe sull’altare; chiunque abbia un minimo di gusto, tatto, cognizione o lungimiranza avrà di sicuro inserito “Halloween” di John Carpenter nella selezione. Ci sono alcuni film ai quali ci sentiamo profondamente legati, tanto che parlando di loro finiamo bene o male per parlare di noi stessi. Per il sottoscritto, la visione della pellicola ogni notte del 31 ottobre ha assunto i contorni di un rito che si trascina dall’infanzia, e se per un paio d’anni saltai il giro non fu certo per esaurimento, ma per cause di forza maggiore. Ancora oggi in conflitto con “Non aprite quella porta” (1974) per assicurarsi la mia preferenza assoluta in tutto il genere horror dall’inizio dei tempi, “Halloween” mi affascina fin da quando, all’incirca all’età di sette o otto anni, lo guardavo mentre fuori soffiava forte il vento d’autunno, le foglie erano già cadute, i colori del paesaggio già mutati nel decadente giallo marrognolo che precede il bianco spoglio dell’inverno, e io a visione terminata mi sarei recato al puntuale giro di dolcetto o scherzetto con gli amici. Se state pensando a un ragazzino dotato di una fortissima e precoce corazza contro il terrore, ci avete preso, ma non fraintendete: “Halloween” mi faceva paura, ed è proprio per questo che continuavo a vederlo.

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RICORRENZE

Il legame tra l’atmosfera che regna nella pellicola e gli umori più o meno collettivi che la festività in oggetto sprigiona è assoluto, a tal punto che se non esiste un solo film assimilabile al Natale, alla Pasqua o al Capodanno (per menzionare le principali), dal 1978 Halloween ha il proprio, ed è sempre rimasto quello. Non c’è scritto da nessuna parte, è una consapevolezza comune implicita e tacita.

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PERCHÉ“HALLOWEEN” è UN CAPOLAVORO

Paura quindi, emozione primaria spuria, senza moralismi o fastidi intellettuali: questo è ciò che il capolavoro di Carpenter veicola e comunica, trasmette e diffonde. La paura dell’uomo nero, un’entità fantasmagorica più che carnale, per la propria capacità di essere dovunque, ai limiti dell’ubiquità, quasi come se si materializzasse dal nulla (Carpenter due anni dopo girerà “Fog”: un caso?): uno spirito che indossa una maschera la quale – fateci caso – altro non è che la raffigurazione stessa di un uomo (il capitano Kirk). Crescendo e riguardandolo, mi sono accorto di una cosa: prima di essere una macchina del terrore, “Halloween” è un film profondamente intimista. Intimo è in primis il rapporto che crea con lo spettatore, che non è tanto costretto a guardare, quanto ad essere fonte stessa dello sguardo, sorgente primigenia delle molteplici soggettive, volto dietro la maschera, sguardo dentro (e non dietro) lo schermo. Il genere raggiunge il parossismo teorico, le porte del new horror sono spalancate, il cinema non è più lo stesso.

About Raffaele Mussini

Appassionato di cinema a 360°, bulimico di visioni fin da piccolo. Si laurea in Marketing, per scoprire solo qualche anno più tardi che la sua vocazione è la scrittura. Pubblica così due romanzi e un saggio di cinema, "In ordine di sparizione - Più di duecento film che forse non avete mai visto o che avete dimenticato", edito da Corsiero Editore. Sta lavorando a un quarto libro, ma nel poco tempo libero il cinema combatte duramente per farsi strada e conquistarsi il primato tra le sue passioni. Ama Malick, Scorsese e Mario Bava, tra i tantissimi, con una predilezione per l'horror e per il noir d'altri tempi.

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