Arriva nelle sale Grace Jones: Bloodlight and Bami, il documentario diretto da Sophie Fiennes (anche lei membro della “celebre” dinastia cinematografica e sorella di Ralph e Joseph) incentrato su un’icona ruggente degli anni ’80, i “material years” per eccellenza: Grace Jones. Il film evento debutterà il 30 e 31 Gennaio al cinema distribuito da Officine Ubu.
Grace Jones: Bloodlight and Bami è un viaggio elettrizzante attraverso la carriera pubblica e la vita privata dell’icona della musica e della cultura pop Grace Jones. L’audace estetica di Jones emerge nell’intera pellicola grazie al sapiente lavoro della regista Sophie Fiennes, capace di creare un’esperienza cinematografica di grande potenza, accostando a contrasto sequenze musicali, riprese più intime e materiale personale per ritrarre la persona che si nasconde dietro la maschera indossata dall’artista sul palco.
Cosa funziona in Grace Jones: Bloodlight and Bami
“Bloodlight” come, nel gergo giamaicano, la luce rossa che si illumina quanto un artista è impegnato a registrare in sala d’incisione; “Bami”, come la celebre focaccia tipica del posto, un sostituto del pane nonché un piatto tipico. E in mezzo c’è Grace Jones: icona, pantera, trasformista, donna aggressiva e passionale, androgina e affascinante quanto determinata e forte. La Jones è il cuore magetico del film evento Grace Jones: Bloodlight and Bami, il motore immobile che anima il palco, che permette al pubblico di restare affascinato e assoggettato alla magia della scena. La pantera ruggisce sul palco sulle note delle proprie canzoni, Slave to Rhythm, This Is, La Vie en Rose, Nipple to the Bottle, Love is the Drug; il trucco, il parrucco, l’eccentricità dell’immagine stilizzata che ha creato un’icona immortale lascia il posto al ritratto complesso di una donna forte delle proprie fragilità, consapevole di poter ancora ricoprire il ruolo di cantante, icona, donna d’affari, madre, figlia, amante e nonna senza rinunciare alle proprie luci e ombre.
Sono proprio i chiaroscuri a scolpire, appunto, il ritratto della Jones: la Fiennes sceglie di mostrarla in pubblico e in privato, su e giù dal palco e poi in vacanza, in Giamaica, scavando nelle radici profonde della propria infanzia tormentata, causa delle sue fortune quanto dei suoi eccessi. Immortalata durante la registrazione del suo nuovo album, nel camerino dopo un concerto, o durante un rave in discoteca, Grace Jones a settant’anni suonati conferma di nuovo il suo fascino d’intramontabile icona, sopravvissuta a un’epoca veloce quanto edonistica.
Perché non guardare Grace Jones: Bloodlight and Bami
Tolta Grace Jones a Grace Jones: Bloodlight and Bami ciò che resta non è né la luce rossa né il Bami. Il documentario firmato da Sophie Fiennes esiste perché la pantera giamaicana è un vero e proprio personaggio indipendente, libero, fiero, irresponsabile e ironico; intrattiene e affascina grazie alla sua iconica maschera. Ma le performance della Jones sul palco non bastano ad aggiustare l’estetica caotica del film: dall’alta qualità delle riprese effettuate durante i concerti alla scarsa qualità dei momenti quotidiani immortalati in Giamaica, questo eterogeneo alternarsi tra un linguaggio e l’altro non permette al prodotto audiovisivo di trovare una propria dimensione specifica, condannandolo piuttosto a un lento fluire della durata di 115′.
Grace Jones: Bloodlight and Bami, nonostante le accattivanti premesse di partenza, non riesce ad affrancarsi dalla maledizione che talvolta affligge i documentari, districandosi con passo incerto e discontinuo tra le memorie e le imprese della pantera giamaicana più iconografica degli anni ’80.