Abbiamo già parlato positivamente di Brawl in Cell Block 99, al tempo della sua presentazione a Venezia dello scorso Agosto, oggi vogliamo analizzare in profondità un film che incredibilmente non ha ancora ottenuto una distribuzione nel nostro paese.
Brawl in Cell Block 99 nuovo film di Craig W. Zahler, già sceneggiatore e regista esordiente del formidabile “Bone Tomahawk”(2015), anche in questo film rielabora la stessa struttura a multilivello del suo sorprendente esordio, per rivitalizzare il venerabile ma semi-moribondo filone del film carcerario. In effetti, come l’ imponente, rasato, voluminoso protagonista, ma fondamentalmente anche uomo dalla decente morale, -impersonato da Vince Vaughn in maniera memorabile -di nome Bradley Thomas, si deve sempre più impegnare ad arrampicarsi sopra una montagna di sfiga e vere e proprie disgrazie, risulta comunque più realistico degli omuncoli fatti di pixel, che frettolosamente popolano videogiochi come “Prison Tycoon” della ValuSoft (2005).
Evitando l’estetica veloce e nevrotica in voga tra i registi hollywoodiani d’azione, Zahler e il direttore della fotografia Benji Bakshi preferiscono invece presentare le numerose scene di schiacciamento delle ossa e rompimento di teste, tramite ampie riprese a camera fissa, in formato panoramico, mostrate nella indiscussa e letale verosimiglianza della coreografia di Drew Leary. Il pubblico attirato dal titolo volutamente pulp, Brawl in Cell Block 99, deve tuttavia attendere, prima che inizi il grafico spargimento di sangue. Thomas infatti non entra nemmeno in carcere prima del 50’ minuto del film, in seguito alla sua sconsiderata partecipazione alla disastrosa consegna di una partita di droga. Comincia da qui a muoversi all’interno di un’istituzione penitenziaria di media sicurezza e piuttosto accomodante, dove il pericolo più mortale è la pressante pedanteria di una delle guardie (Fred Melamed) e che appassionata di boxe, vorrebbe convincere il protagonista ex pugile professionista, a rimettere i guantoni per combattere a favore dell’istituzione penitenziaria.
Il fatto che il primo visitatore di Thomas sia interpretato da Udo Kier – come il personaggio identificato nei titoli di coda come “The Placid Man” – è il primo presagio del sadico grand guignol che attende. Il placido e ovviamente sinistro Udo affronta Thomas imponendogli di uccidere un detenuto in un’altra prigione di sicurezza significativamente più alta nella quale dovrà farsi trasferire, promettendo conseguenze grottesche per sua moglie Lauren ( Jennifer Carpenter ) e il loro bambino non ancora nato, al suo rifiuto.
Il nostro taciturno eroe deve quindi farsi trasferire nel penitenziario quasi fascista di Red Leaf, un labirinto di cripte e gallerie sotterranee in una prigione medievale gestita dal Direttore Tuggs, impersonato da un nerovestito e carpenteriano Don Johnson, che sembra il Bob Hauk di Lee Van Cleef, e perennemente in penombra come il Colonnello Kurtz, . L’arsenale di Tuggs include l’uso di armi e metodi così contorti come la “cintura stordente”, un dispositivo molto controverso e realmente esistente- sviluppato dalla Stun Tech Incorporated di Cleveland, Ohio – e che è già stato (incredibilmente) utilizzato da 16 stati degli Stati Uniti.
Leggi la recensione del filmJohn Cleese (anch’egli alto 1,93) una volta osservò che la sua altezza esagerata era stata da un lato fondamentalmente la sua fortuna, e Vaughn è stato chiaramente scelto principalmente per la sua statura piuttosto che per le sue prove precedenti (come attore drammatico la sua vera prima e convincente interpretazione è arrivata solamente nella seconda stagione di “True Detective” ). Nella parte di Thomas, sempre apparentemente imperturbabile e impenetrabile al dolore, si ritrova sottoposto a delle prove inimmaginabili.
Howard Hawks nei suoi film raramente ha sprecato un secondo di tempo sullo schermo: con i suoi 97 minuti, “Codice penale”(The Criminal Code)(1931), rimane uno degli esempi più brevi del filone carcerario. Per quanto il “genere” spesso si connoti per la sua svelta economia di racconto, l’inquadramento dell’ambientazione carceraria – che per sua natura ruota attorno ai “tempi morti” dei protagonisti- ha spesso goduto di un’insolita licenza di espansione della narrazione : “Papillon” (1973) e “Il Profeta”(Un Prophète) (2009) durano più di due ore e mezza, “Il Miglio verde”(The Green Mile) (1999) dura la bellezza di 189 minuti.
Brawl in Cell Block 99, si disvela con disinvoltura nei suoi 132 minuti di durata, Zahler prende in prestito consapevolmente e liberamente dai principali antenati cinematografici del genere, ma con un umorismo cupo e una sanguinaria sfrontatezza che è tutta sua. Musicista, romanziere, e cantante heavy metal oltre alle sue prodezze cinematografiche, l’uomo del Rinascimento Zahler ha pure scritto la colonna sonora del film con Jeff Herriott, e nella quale sono presenti alcuni classici della vecchia scuola del blues, interpretati dalla leggendaria band R&B dell’Ohio, The O’Jays, in un felice contrasto data la cupezza e la discesa negli inferi della violenza, da parte del protagonista, con l’ambientazione stessa della brutalissima vicenda.
Curiosità di Brawl in Cell Block 99:
Durante un Q & A al TIFF, i realizzatori hanno commentato che la distruzione della macchina è stata compiuta dallo stesso Vince Vaughn. Le parti dell’auto erano vere ma sono però state montate in un modo per cui Vaughn non si sarebbe fatto male a strapparle via e a distruggerle.
Vaughn ha messo su 15 libbre di muscoli e si è addestrato come pugile per 3 mesi prima di varcare il set. Lo stesso Vaughn ha affermato che ciò rendeva la coreografia dei combattimenti molto più facile da imparare.
Gli effetti protesici sono stati fatti per assomigliare agli effetti più stilisticamente anni ’70.
Il regista S. Craig Zahler ha scritto la sceneggiatura prima di scrivere “Bone Tomahawk”, nonostante quest’ultimo sia stato girato per primo.
Appena arrivati in prigione, due separati detenuti fanno riferimento a una prigione in Austria. Molto probabilmente si riferiscono alla Sede di Giustizia Leoben, che è stata riconosciuta come una delle prigioni “più belle” del mondo grazie alla sua architettura e ai suoi mobili moderni e lussuosi.
Da S. Craig Zahler, scrittore e regista di “Bone Tomahawk”.