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Il Palazzo Del Viceré, una versione limpida e prêt-à-porter della storia

Coproduzione anglo-indiana, sbarca anche in Italia Il Palazzo del Viceré, dramma leggero e ritratto storico dei giorni dell’Indipendenza indiana dalla Gran Bretagna. Dall’autrice di Sognando Beckham, in sala dal 12 ottobre.

1947: la guerra è finita da un po’, e per gli alleati è il momento di  fare i conti con i propri doveri di ex potenze coloniali. L’era dell’imperialismo è finita, il terzo mondo reclama indipendenza. Ma sarà pronto per gestire le responsabilità del’emancipazione? Il Palazzo del Viceré (Viceroy’s House, India-GBR, 2017) segue le vicende degli ultimi viceré d’India, i Lord Louis (Hugh Bonneville) ed Edwina Mountbatten (Gillian Anderson), mentre ai piani alti dell’esagerato palazzo reale, a colloquio con le eminenze della vecchia Europa ed i rappresentanti delle correnti indipendentiste, cercano di dare un volto al nuovo continente nascente. Ai piani  inferiori, i diretti interessati: servitù e milizia indiana, rappresentati dai giovani Jeet (Manish Dayal) e Aalia (Huma Qureshi), trepidano in attesa di sapere cosa nascerà dai dibattiti e le carte dei bianchi in uniforme. La sconfinata popolazione è divisa tra indu, sikh e musulmani, con questi ultimi che reclamano l’istituzione del nuovo stato del Pakistan. Le tensioni infuriano, lo spettro della guerra civile incombe.

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Cosa funziona in Il Palazzo del Viceré

Per un  film come è Il Palazzo del Viceré, che pare concepito più come strumento didattico per scolaresche necessitanti una versione limpida e prêt-à-porter della storia recente d’Europa, più che come kolossal storico-bellico, l’opera di Gurinder Chadha vanta una struttura relativamente raffinata. Non che la biografia privata di personalità politiche in momenti cruciali della Storia sia una trovata decisiva (gli inglesi in particolare vanno pazzi per questo tipo di film), ma almeno a livello figurativo, l’impianto funziona: in alto ci sono i bianchi benvestiti, educati, charming and polite, rappresentati dal bravo Hugh Bonneville; in basso, dietro le porte, nelle cucine e nelle stalle ci sono i nativi, gli indiani. I primi prendono le decisioni storiche, i secondi si adeguano sbirciando emozionati dalle serrature. Beffardamente, i diretti interessati sembrano esclusi dagli incontri che determineranno il loro futuro: le sorti di 600 milioni di persone sono tutte sulle spalle di Lord Mountbatten, che dovrà a malincuore andare oltre la simpatia per il popolo sottomesso ed assecondare le decisioni della Corona. Drammaticamente il conflitto è diluito all’acqua di rose, ma almeno alla base un film c’è.

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Perché non guardare Il Palazzo del Viceré

Il fatto è che Il Palazzo del Viceré non è un film da grande sala. Non è neanche, nonostante il budget e il dispiegamento di mezzi, un film da grande pubblico. Di certo non è un film capace di imporsi sul mercato del cinema occidentale. Con tutto che vorrebbe. Il target è furbescamente bi-culturale, il fine puramente utilitaristico: promuovere in occidente quanto in India (dove Il Palazzo del Viceré è stato presentato in pompa magna a ridosso del 70esimo anniversario dell’Indipendenza) una storia “buona”, che insegni i valori della convivenza tra popoli e religioni, faccia un po’ di sottile propaganda anti-Brexit, ripulisca l’immagine non immacolata del colonialismo britannico e stacchi biglietti da entrambe le parti. Nella visione già ultra-mainstream della Chadha (un curriculum fatto di storie di integrazione a cuor leggero nell’Inghilterra globalizzata) non ci sono veri antagonisti, tutte le parti hanno ragione e tutti i personaggi in fondo sono buoni, pronti a commuoversi di fronte al valore della vita umana.

Gli unici insensibili sono le grandi potenze dei Blocchi, che comunque a rigor di logica non vanno mai in scena se non citate indirettamente. Come se non bastasse, Il Palazzo del Viceré cerca smaccatamente di andare incontro ai gusti dello sterminato pubblico indiano cercando un approccio che segua le (per noi) deliranti logiche del blockbuster di Bollywhood. Guerra e sofferenza scompaiono, i conflitti sfumano, e ad assurgere in primo piano come cuore del film resta l’inqualificabile melò infantile e kitsch della tormentata storia tra Jeet e Aalia. Lui musulmano, lei indu, innamorati fin da giovani ma divisi dalla guerra e le convenzioni. No, non ci siamo. E non c’è tratto da una storia vera che tenga.

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Il Palazzo del Viceré è un film semplice, lineare, ma allo stesso tempo quasi irricevibile. Il suo punto di vista è infantile, semplicistico. I suoi personaggi non vivono conflitti, non conoscono zone d’ombra. L’unico motore degli eventi privati tra le linee della Storia è la ricerca del lieto fine e della riabilitazione a posteriori di personaggi e governi. Da lasciare basite entrambe le parti.

Regia: Gurinder Chadha Con: Hugh Bonneville, Gillian Anderson, Manish Dayal, Huma Qureshi, Michael Gambon Anno: 2017 Nazione: Gran Bretagna, India Distribuzione: Cinema Durata: 106 min

About Saverio Felici

(Roma, 1993) Lavora nei campi dell'editoria e della produzione audiovisiva. Scrive e collabora tra gli altri con Point Blank, Nocturno e Cineforum.

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