Federico Moccia porta nuovamente al cinema il mondo degli adolescenti che lo hanno reso tanto celebre, in Non c’è campo. Niente di nuovo nello stile, spunto e soggetto sviluppati in modo abbastanza banale.
Laura (Vanessa Incontrada) ha deciso di organizzare per i suoi studenti del liceo, nell’anno della maturità, una gita insolita: un laboratorio artistico a Scorrano, in Salento, con l’artista Gualtiero Martelli (Corrado Fortuna). Ad accompagnare i ragazzi verrà suo malgrado anche l’insegnante di lettere, che nel mentre cerca disperatamente di completare un progetto di ricerca da proporre all’Università di Boston. Tanto lei, quanto i ragazzi perennemente connessi ai social, avranno però una brutta sorpresa una volta giunti sul posto: a Scorrano i cellulari non prendono, non ci sono “tacche” né wi-fi e tutti si sentono improvvisamente tagliati fuori dal mondo.
Cosa funziona in Non c’è campo
L’ennesimo film di Federico Moccia, questa volta non tratto da un suo libro ma da un soggetto originale, vorrebbe esplorare la dipendenza degli adolescenti verso i propri smartphone e la necessità di essere sempre connessi sui vari canali social. Il soggetto sulla carta avrebbe avuto un bel potenziale di sviluppo narrativo e sociale, legato ai giovani ma tale tentativo fallisce non appena i protagonisti giungono nel paese pugliese, dando vita a una serie di dinamiche e relazioni tra i personaggi alquanto superficiali e vuote.
Perché non guardare Non c’è campo
La sceneggiatura si presenta completamente inconcludente: il cast corale crea troppe sotto-trame che nella parte conclusiva diventano difficili da seguire tanto da confonderle: nel finale il film sembra voler dare un senso a così tante cose che vengono addirittura create delle narrazioni dal nulla a personaggi del tutto marginali. Molti degli attori che costituiscono la classe delle superiori che va in gita a Scorrano sono già volti noti delle serie tv delle nostre reti e non vengono diretti per poter effettuare quel salto necessario per recitare in uno schermo più ampio. Gli adulti svolgono il loro compitino interpretando i tipici ruoli da commedia: la moglie tradita, l’eterna nerd, il distinto seduttore e l’artista filosofeggiante. Federico Moccia firma un prodotto sciocco, che punta su gag banalissime e irritanti, oltre che su una forma degna della peggior fiction televisiva.
Partendo da uno spunto di riflessione sui social e sull’invadenza nelle nostre vite, Non c’è campo non riesce a parlare nemmeno alla generazione degli adolescenti a cui sembra essere indirizzata.