Vincitore alla 72ª Mostra del Cinema di Venezia del Premio Osella per la migliore sceneggiatura e della Colpa Volpi maschile per la migliore interpretazione a Fabrice Luchini, arriva nelle nostre sale La corte (L’Hermine) di Christian Vincent, un dramma giudiziario ambientato in una corte di assise in cui le vicende del Presidente Michel Racine si svolgono nell’arco dei tre giorni del processo.
Soprannominato “giudice a due cifre” perché le sue condanne non ammontano mai a meno di dieci anni, uomo ritroso e non molto amato, temuto e rispettato nella sua corte, ma disprezzato e ignorato a casa, Racine è un piccolo uomo senza molte gioie nella sua vita che vede riapparire nella sua corte, come giurata del processo che lui presiede, una donna Ditte Lorensen-Coteret (Sidse Babett Knudsen) che aveva incontrato tempo addietro e di cui si era innamorato.
Christian Vincent mette in scena il grande spettacolo della Corte, in cui i processi si svolgono come a teatro con copione da recitare, attori, pubblico e dietro le quinte, per raccontare la vita: dall’angoscia alla fantasia, dalle bugie alle contraddizioni, dall’apparenza, che può ingannare, all’essenza delle persone che invece può essere rivelata. Così come accade nella Corte che presiede, due sono le facce che scopriamo di Michel Racine, quella pubblica e quella privata, l’una apparentemente in contrasto con l’altra e che pure insieme contribuiscono a delineare il ritratto di un uomo che, come in un processo, viene affrettatamente descritto da chi lo circonda basandosi su mere impressioni, che tuttavia non per forza corrispondono a verità. La verità che, come ci viene spiegato, molto spesso non viene raggiunta.
Film sofisticato, intelligente e sensibile, La Corte sembra mantenersi con il piede in due staffe, indeciso tra ridere e sostenere la sua rigidità: l’umorismo è dosato e non sconfina mai nella pura commedia. Nel colore neutro del tribunale a spiccare sono le due figure di Racine e della bella Ditte, che dovrà decidere se assecondare i richiami del cuore, quelli evidenziati anche degli abiti o dagli accessori rossi, che rimandano alla passione che potrebbe o non potrebbe scoppiare da un momento all’altro. Un dramedy giudiziario, dunque, ma con tanto sentimento.