“Senza lasciare traccia” opera prima di Gianclaudio Cappai con Michele Riondino
Un uomo e la sua memoria, un uomo e la sua ossessione, un uomo e la sua malattia. Un trittico inscindibile che Bruno (Michele Riondino), protagonista di “Senza lasciare traccia“, si trascina addosso come un macigno, come un peso indicibile. Che segreto si cela dietro alle sue cicatrici? Cosa c’entra la vecchia fornace col suo doloroso ricordo e col cancro che lo sta divorando da dentro senza lasciare traccia? Bruno è convinto che quella sua rabbia, covata dentro di lui fin da piccolo, si sia trasformata in malattia, in patologia, in cancro e che ci sia solo una maniera per eliminarla del tutto.
Gianclaudio Cappai mette in scena, in un granuloso e affascinante 16mm, una storia cupa e torbida, che pesca a piene mani dal thriller e dal revenge movie ma che, tuttavia, non ha mai il coraggio di osare davvero e di scavare fino in fondo alle ferite. “Senza lasciare traccia” è un film che lascia interdetti, che non convince fino in fondo, con tanti e troppi non detti, senza quella cattiveria necessaria a un prodotto del genere. La sceneggiatura tende a dire poco e male, i personaggi appaiono tendenzialmente piatti e privi di profondità, la storia non riesce mai a coinvolgere fino in fondo e alcune scelte di montaggio sembrano eccessivamente forzate. Si ha la sensazione che Cappai volesse sfiorare il film di genere senza tuttavia toccarlo, forse per paura di perdere “l’aura autoriale”.
Una buona, forse ottima, intuizione che non si è compiuta come doveva. Un film a metà che di certo non lascia traccia nel ricordo degli spettatori.
Commento Finale - 40%
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"Senza lasciare traccia" è un film che lascia interdetti, che non convince fino in fondo, con tanti e troppi non detti, senza quella cattiveria necessaria a un prodotto del genere.