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La Prima Luce di Vincenzo Marra - 05

La Prima Luce di Vincenzo Marra – Recensione Film

 

Reduce dalle giornate degli autori alla Mostra del Cinema Venezia, Vincenzo Marra torna nelle sale con la sua quinta fatica cinematografica, La Prima Luce, un film ben costruito sul tema dell’abbandono e della perdita improvvisa.

Interpretato da Riccardo Scamarcio, il film pone l’accento sulle lunghe diatribe processuali tra coniugi quando c’è un bimbo di mezzo. L’attore interpreta Marco, giovane e cinico avvocato di Bari che proprio non si accorge delle difficoltà vissute dalla compagna Martina, interpretata da Daniela Ramirez, cilena che ha nostalgia del proprio Paese e della propria famiglia d’origine. Da sette anni in Puglia, la donna vuole tornare in patria insieme al figlio Mateo, nato sette anni prima e particolarmente attaccato al padre. Un papà che non acconsente alla partenza del piccolo, tanto da portare Martina a ‘scappare’ dall’Italia insieme al bambino.

Registicamente rigoroso, Marra, attraverso gli occhi del protagonista Riccardo Scamarcio, ci mostra tutte le sue sofferenze senza mai utilizzare primi piani e  con un paio di inquadrature a mezzo busto dal basso, in cui sembra quasi santificarlo come martire della madre, una figura dipinta come la depressa e insoddisfatta di turno, la rovina-famiglie, la ‘cattivissima’ della situazione, che inaspettatamente gli ha portato via la sua ”prima luce”, il figlio.

Grande la prova del protagonista: Riccardo Scamarcio si toglie definitivamente i panni del ragazzo bello e dannato per vestire quelli di un padre, bello si ma sopratutto molto maturo. Una maturità che è resa tale grazie a una recitazione più curata nelle espressioni e ricercata nelle movenze.Uno Scamarcio piuttosto in parte ritratto nella dimensione bivalente di padre premuroso da un lato e marito ‘cieco’ dall’altro, incapace di comprendere appieno i bisogni della propria donna.Di notevole rilievo anche l’esordio del giovane Gianni Pezzolla che interpreta Mateo, il figlio che padre e madre si contendono.

Il cast tecnico non stona ma nemmeno brilla. Soprattutto nella seconda parte, dove al dramma famigliare si affianca l’atmosfera da thriller, la lotta disperata alla ricerca del proprio figlio con ben poche speranze di trovarlo e una serie di ostacoli disseminati lungo il percorso, il film perde di incisività. Peccato. Per un bel film come questo una maggior cura da parte della troupe avrebbe permesso al film di diventare un’eccellenza.

About Francesco Salvetti

Laureando in Ingegneria Gestionale presso l'università di Tor Vergata, da sempre appassionato di cinema.

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